Un cd venduto in meno ogni 5000 file scaricati. E’ questo, secondo una ricerca universitaria, l’impatto del file-sharing illegale sulle vendite dei dischi.
In alcuni casi le reti di condivisione dei file (P2P) non solo non incidono negativamente nelle vendite ma, al contrario, contribuiscono ad aumentarle: per gli album best-seller (più di 600mila copie), ogni 150 file scaricati si vende un cd in più.
La controverità sul file-sharing, che ha già fatto arrabbiare moltissimo i discografici americani rappresentati dalla Riaa, viene non dai professionisti del download illegale, ma da due istituzioni come l’Havard Business School e l’University of Carolina: due ricercatori hanno appena pubblicato un rapporto sugli “effetti del file-sharing sulle vendite di dischi” (file .pdf,).
Le conclusioni contraddicono quanto da anni vanno ripetendo le associazioni dei discografici, “il download illegale sta uccidendo la musica”, per giustificare la campagna di denunce nei confronti dei singoli utenti internet.
Se proprio ieri l’Ifpi (Federazione internazionale dell’industria discografica) ha annunciato la prima ondata di denunce in Europa, lo studio di Felix Oberholzer-Gee e Koleman Strumpf racconta un’altra storia. “Da un punto di vista statistico – dicono i due ricercatori – non c’è alcun rapporto di causa-effetto tra le vendite e il download”. E’ vero che tra il 2000 e il 2002 sono stati venduti 139 milioni di cd in meno, ma solo due milioni di questi sono andati “perduti” a causa del file-sharing illegale.
Il rapporto anche fa notare come anche altri generi di intrattenimento (tra cui film e videogiochi) e il software siano “attivamente scaricati”: nonostante questo i guadagni delle Case produttrici – che spesso sono le stesse che controllano le etichette discografiche – sono in costante crescita.
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